Tab Article
"Chi si ponesse a cercare questa traduzione del Monti, con intendimento di conoscere dove sia dissimile dall'originale, lontano, a nostro credere, dal trovare che scarna ella sia, vorrebbe anzi dire che talvolta è concitata più che la pacatissima poesia omerica. Il quale aggiungimento di energia... non è vôto frastuono, ma impeto di un animo passionato che detta secondo sua tempra": così scriveva Giovita Scalvini pochi anni dopo la prima edizione dell'Iliade montiana. Concorde nel considerare la "bella infedele" del Monti come un'opera originale (se non addirittura, paradossalmente, come la più originale del poeta) caratterizzata da un'eccezionale unità di tono, la critica si è poi trovata divisa nella definizione di quest'ultimo. Articolandosi in tre distinte sezioni, il presente studio intende appunto contribuire ad individuare il "tono" del capolavoro montiano, troppo sbrigativamente archiviato sotto la formula della "grazia neoclassica" o viceversa svalutato in quanto può avere di barocco e di "scenografico".